La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 20416/2021 ha confermato la decisione del Tribunale del Riesame di Catania secondo cui l’omessa integrazione del DVR non varrebbe, di per sé sola, a far desumere con alto grado di credibilità logica o razionale che la propagazione del Coronavirus nel contesto aziendale (in specie, una RSA) non sarebbe comunque avvenuta altrimenti.
Nelle motivazioni dei giudici, si legge che:
“non è da escludere, infatti, che qualora l’indagato avesse integrato il documento di valutazione dei rischi e valutato il rischio biologico, ex art. 27 D. Lgs. 81/2008, la propagazione del virus sarebbe comunque avvenuta per fattori causali alternativi (come ad esempio per la mancata osservanza delle prescrizioni impartite nel DPCM per le case di riposo, quali di indossare le mascherine protettive, del distanziamento o dell’isolamento dei pazienti già affetti da Covid, ovvero a causa del ritardo negli esiti del tampone)”.
Di conseguenza, il mancato aggiornamento del DVR non è valso a sostenere la ricorrenza del fumus commissi delicti, nella specie di epidemia colposa.
Ma al di là delle valutazioni del caso concreto, non può non ricordarsi come l’aggiornamento costante del DVR, al mutare dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori in azienda, resti non solo un obbligo per il Datore di Lavoro, ma anche un gesto di responsabilità nei confronti di lavoratori, utenti e di tutta la collettività.